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Erminia Puddu è la fondatrice della Baby School 100, impresa sociale costituita nel settembre del 1993.Ci racconta come nasce l’ idea di creare un’attività nel settore della formazione e dell’educazione scolastica.

«L’idea di istituire la Baby School 100 nasce dalla mia esperienza personale. Siamo agli inizi degli anni ’60, in Sardegna, più precisamente a Tertenia, un paese a 100 km da Cagliari, oggi in Provincia dell’Ogliastra. Ero bambina e vivevo in una tenuta di campagna a Suengiu, località distaccata dal centro abitato del paese, a circa 5 km di distanza. In quel periodo, in campagna, senza mezzi di trasporto veloci e con un fiume sul percorso, la scuola, per me, per i miei fratelli e per tutti i bimbi della zona era davvero lontana. Grazie all’arrivo di un’insegnante, ospite nella nostra abitazione per tutto l’anno scolastico, fu organizzata la nostra scuola.»

VALORI SEMPLICI E SINCERI

« Casa - Scuola - Famiglia era il trinomio imprescindibile nell’educazione dei bambini. In questo contesto, caratterizzato dal lavoro nei campi e dalla cura degli animali, era cruciale la totale integrazione tra vita quotidiana e vita scolastica. Ecco, quindi, che al termine di una giornata di lavoro nell’orto o nei campi i genitori, dismessi i panni da lavoratori, si dedicavano all’obbligo del controllo dei quaderni dei figli e dell’interrogazione al fine di verificare il lavoro svolto e il rispetto degli impegni scolastici.
Era una scuola priva di attrezzature didattiche ma ricca di fantasia, stimoli, fondata su quello che oggi chiamiamo metodo della ricerca-azione. Tutto ciò che occorreva era derivato dalla natura: i regoli fatti con i legumi, la colla, i minerali, gli insetti, gli alimenti, i frutti, l’acqua, l’argilla, la creta e tutte le altre risorse che ci circondavano. La scuola era molto importante, per certi versi indispensabile, per l’alfabetizzazione alla lingua italiana: in famiglia e nei momenti di gioco noi bambini comunicavamo solo in sardo.
La giornata iniziava presto con il canto del gallo. Dopo un’abbondante colazione con pane e latte dei nostri allevamenti (si imparava anche il ciclo di produzione del latte) gli adulti iniziavano la loro giornata di lavoro e i bambini 'andavano' a scuola.
Spesso la lezione si svolgeva non più in casa ma in mezzo alla campagna o al bosco per favorire l’apprendimento dei concetti topologici, dei punti cardinali, dei principi della teoria degli insiemi e di tanti altri fondamenti elementari che riuscivamo ad apprendere con semplicità e grande entusiasmo.»

IL MODELLO DI ISPIRAZIONE

«Grazie a questo modello di 'Famiglia-Scuola' si consolidavano valori e principi di vita, fondati sul rispetto, la condivisione e il senso civico. Il senso di appartenenza, sentito da grandi e piccoli si traduceva nella condivisione dei saperi e delle conoscenze: noi figli insegnavamo ai nostri genitori la grammatica italiana, loro ci insegnavano a curare la terra per ricavarne cibo. La costante presenza degli adulti, inoltre favoriva nei bambini la valorizzazione del rispetto tra le persone: la quotidianità era fatta di tanti momenti piacevoli ma anche di litigi e dispetti tra fratelli, anche questi utili a consolidare e a far crescere il gruppo perchè affrontati sempre con il dialogo e la comprensione.
Allora i ritmi erano severi ma mai frenetici come oggi: restava il tempo per parlare, giocare, scherzare, cantare e ballare tutti insieme. Soprattutto nei mesi primaverili ed estivi quando la calura rendeva impossibile lavorare nei campi noi bambini, insieme agli adulti, all’ombra degli alberi, organizzavamo le gare di canti e di storie soprattutto quelle inventate, fino al calar del sole.
Questo è il modello a cui mi sono ispirata. Da qui nasce la mia idea di fondare la Baby School 100: in particolare dal cuore. Perché i bambini hanno bisogno di vivere la scuola come un ambiente familiare, ricco di valori concreti e sinceri, dove la curiosità e il gioco si trasformano facilmente in apprendimento. Perché la scuola deve essere insieme alla famiglia il luogo dove i piccoli possono fare grande il loro futuro: come a Suengiu.»

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